Abbazia di Vezzolano

17/01/2025

 

E' uno dei più insigni monumenti dell'arte romanica  in piemonte

In epoca medievale vi era un forte legame tra architettura ed astronomia. Si cercava un accordo tra l'orientamento del sole🌞 e degli astri✨ con l'orientamento degli edifici, per creare un'armonia tra cielo e terra.
Sulla base di questa filosofia pare che l'orientamento dell'Abbazia di Vezzolano sia nato da un riferimento particolare: quello del lunistizio maggiore, ovvero il giorno nel quale la luna🌝 sorge nel punto dell'orizzonte orientale più a nord in assoluto rispetto all'orizzonte locale.

Questo fenomeno di verifica ogni due anni e mezzo: per vedere se davvero i raggi della luna🌝 attraversano la navata centrale con precisione durante il lunistizio si dovrà aspettare il prossimo lunistizio maggiore, il 1 maggio 2025.

Dal 3°Convegno Internazionale dei Percorsi del romanico astigiano, attento alla tradizione sui temi della valorizzazione e conservazione del paesaggio storico, con specifico riferimento al paesaggio del romanico italiano ed europeo... nel 2009, si trattava di Conservazione e Innovazione, fornendo una particolare chiave di lettura dei processi ciclici della trasformazione della natura, sia ad opera dell'uomo che dei processi naturali derivati dallo scandire del tempo.

Legandoci al concetto della ciclicità della vita e della morte, supremamente rappresentati nell'iconografia dell'Abbazia  di Vezzolano, si presentava il recupero dell'antico cipresso che svettava nel sagrato della chiesa da più di 250 anni e che, ormai malato e non più recuperabile, è stato rimosso e collocato nel prato retrostante le absidi per tornare alla terra dalla quale è nato.

Due volte l'anno, al tramonto🌄, i raggi del sole attraversano la bifora della facciata illuminando le due figure della bifora dell'abside che rappresentano l'Annunciazione andando a colpire il cipresso che "riposa" nel prato...


Durante il Medioevo le persone erano convinte che ogni erba fosse utile per curare qualsiasi malattia. All’inizio i monaci andavano per boschi alla ricerca delle piante medicinali, che cambiavano a seconda del periodo dell’anno. Poi destinarono una parte di giardino dell'abbazia alle erbe officinali, come l’iperico, l’anice e la lavanda, usate anche per alleviare le sofferenze dei pellegrini che giungevano in visita in quei luoghi.

Creavano anche rimedi per guarire ferite e bruciature, sotto forma di balsami, unguenti e soprattutto pomate, così dette perché si aggiungeva il succo di un “pomo”, cioè di un frutto conosciuto come mela appiola, la quale aveva un profumo buonissimo.

Visita del Complesso Canonicale
La chiesa è dedicata alla Vergine Maria, al cui culto pare fossero particolarmente dedite le canoniche riformate di Sant’Agostino e ricchissima è l’iconografia mariana conservata nell’interno del complesso. La facciata è a salienti con tre ordini di logge cieche adornate da sculture disposte in schema gerarchico: al centro si apre un’ampia bifora con la statua del Cristo benedicente tra gli arcangeli Raffaele e Michele, nel terzo ordine due serafini su ruote sono sovrastati dal busto di Dio Padre benedicente, posto nella sommità del timpano.
Nel portale d’ingresso, con arco a sesto leggermente rialzato e strombatura cordonata, è collocata una lunetta scolpita (Vergine assisa in trono con lo Spirito Santo che le parla all’orecchio destro).


Pianta della chiesa
Chiesa d’impianto basilicale, orientata, con aula a due     avate e due absidi semicircolari: la terza navata (laterale destra) è in parte inglobata nel chiostro quadrangolare addossato al lato sud della chiesa. Un massiccio campanile della base quadrata insiste sulla navatella nord. Nell’interno,
la navata centrale è scandita in tre campate coperte da volte a crociera costolonata, a ciascuna delle quali corrispondono nella navata laterale – con sistema alterno – due campate minori con volte a crociera. I pavimenti sono di cotto e in cocciopesto.

L’interno è arricchito da decorazioni scultoree policrome: il pontile e la monoforaabsidale centrale con l’Annunciazione della Vergine. L’altare ha un retable in terracottapolicroma (Vergine in trono tra Carlo VIII e Sant’Agostino). Nel chiostro i quattro lati risalgono a periodi diversi (XII-XIII-XV e successivi), il più anticoquello a ovest con tozze colonne bicrome alternate ad esili colonnine in arenaria chesorreggono archetti a sesto leggermente acuto: il braccio nord, ricavato dalla navata suddella chiesa, è scandito in cinque campate con volte a crociera con sottili cordolaturetinte di rosso, con arcate divise in due da slanciate colonne in pietra, e vi è conservatoun importante ciclo di affreschi (XII-XVI secolo). Diversi locali si affacciano sul chiostro,ma le modifiche subite nel tempo rendono difficile l’individuazione delle originariedestinazioni d’uso, fatta salva la sala capitolare: a pianta quadrangolare, è supposta farparte del primitivo assetto del complesso ed è terminata da una piccola abside(ricostruita negli anni cinquanta del Novecento).

Chiostro

Gli affreschi del chiostro, pur se lacunosi, costituiscono un cospicuo corpus nell’ambitodella cultura pittorica medievale del Piemonte, in un periodo all’incirca circoscritto tra il1240-50 (terza e quarta campata), al 1354, anni in cui fu eseguita nella seconda campata(sepolcreto dei Rivalba) l’Adorazione dei Magi, opera del così nominato Maestro diMontiglio, per la riconosciuta identità di mano con la cappella di Sant’Andrea presso ilcastello di Montiglio; nella stessa parete, nel registro inferiore, una raffigurazione delContrasto dei tre vivi e dei tre morti.Tale particolare scena, nella quale un monaco indica a tre atterriti cavalieri tre scheletrie una chiesa, nel passato si volle intendere come racconto di una suppostapartecipazione alla costruzione della chiesa da parte di Carlo Magno che, colto da maloredurante una caccia intorno nei boschi intorno a Vezzolano, aveva fatto voto allaMadonna di erigere in quel sito una chiesa. Ciò trattasi di pura leggenda, mentre talerappresentazione, che compare assai mutila anche nella cappella dei Radicati, è da farrientrare nel clima cavalleresco che in epoca federiciana faceva convergere nell’arsvenandi le qualità del signore: la presenza dei tre scheletri si pone come un monitoreligioso da contrapporsi alla laicità del viver gentile.L’interno è arricchito da decorazioni scultoree policrome: il pontile e la monoforaabsidale centrale con l’Annunciazione della Vergine. L’altare ha un retable in terracottapolicroma (Vergine in trono tra Carlo VIII e Sant’Agostino). Nel chiostro i quattro lati risalgono a periodi diversi (XII-XIII-XV e successivi), il più anticoquello a ovest con tozze colonne bicrome alternate ad esili colonnine in arenaria chesorreggono archetti a sesto leggermente acuto: il braccio nord, ricavato dalla navata suddella chiesa, è scandito in cinque campate con volte a crociera con sottili cordolaturetinte di rosso, con arcate divise in due da slanciate colonne in pietra, e vi è conservatoun importante ciclo di affreschi (XII-XVI secolo). Diversi locali si affacciano sul chiostro,ma le modifiche subite nel tempo rendono difficile l’individuazione delle originariedestinazioni d’uso, fatta salva la sala capitolare: a pianta quadrangolare, è supposta farparte del primitivo assetto del complesso ed è terminata da una piccola abside(ricostruita negli anni cinquanta del Novecento).

Nel chiostro dell’abbazia di Vezzolano, edificio romanico, tra i più importanti del Piemonte, situato nel comune di Albugnano in provincia di Asti , si trova un curioso affresco del ‘300: l’incontro tra tre uomini vivi e tre uomini morti. La visione è inserita al terzo livello di una raffigurazione più ampia che vede in alto Cristo e un’adorazione dei Magi. In basso si vedono i tre morti di Vezzolano che si sollevano dalle tombe poste accanto alla chiesa. Essi sembrano volersi liberare del sudario per mostrarsi a tre cavalieri. Nella scena di sinistra i tre cavalieri armati, impegnati in una partita di caccia, reagiscono sconvolti all’apparizione dei cadaveri. Il primo tenta di cambiare strada, il secondo prova a coprirsi il volto e il terzo nasconde il viso con le palmi delle mani. Il terrore dei cavalieri viene trasmesso anche agli animali: i cani si impennano e i cani abbaiano. Al centro dell’affresco compare la figura di un santo eremita che mostra gli scheletri ai gentiluomini.

Il Pontile


Il pontile (o jubè, francesismo desunto dall’invito “jube Domine benedicere” rivolto dal predicatore ai fedeli), rara struttura che attraversa la chiesa all’altezza della prima campata, è realizzato in arenaria grigia del Monferrato dipinta, ed è costituito da una serie di cinque campate di archi a sesto acuto retti da colonnine in pietra con capitelli fogliati (a crochet): un doppio registro di bassorilievi policromi raffigurano le scene della Dormitio, Ascesa al cielo ed Incoronazione della Vergine tra i simboli del Tetramorfo (parte superiore) e dalla serie degli antenati della Vergine assisi e recanti in mano un cartiglio con il proprio nome.
La circostanza che dei 40 antenati nel bassorilievo ne vengano rappresentati solo 35, essendo gli altri cinque raffigurati ad affresco sulle colonne che delimitano il pontile, ed altre osservazioni sulla geometria dell’architettura, avvalorano l’ipotesi che tale struttura fosse adattata ad un nuovo posizionamento, riducendo bruscamente l’estensione del fregio scolpito. Rimane da sciogliere il nodo della data, 1189, riportata nell’iscrizione dedicatoria (Anno ab incarnatione Domini MCLXXXVIIII regnante Frederico imperatore, completum est opus istud sub preposito Vidone) troppo anticipata se riferita ai caratteri stilistici delle sculture e dell’architettura del pontile stesso, che la critica artistica pone non più indietro del 1230. L’eccezionalità del valore artistico di questa opera – cui contribuisce anche la preziosità delle coloriture, con l’uso del costoso lapislazzuli
proveniente dalle montagne del Caucaso (per il manto della Vergine e del Cristo) – induce a supporre un committente di grande autorevolezza (forse l’imperatore Federico Barbarossa). La verifica della originalità delle coloriture, mai ridipinte, che il restauro del 2003 ha messo in luce rimovendo lo strato di sporco che le appannavano, indica questa opera come un rarissimo esempio di scultura policroma medievale.

 

FACCIATA: a saglienti in cotto e arenaria.

            3 ordini di loggette cieche che poggiano su 3 architravi,

2 portali strombati con bassorilievo sulla lunetta: la Vergine, la colomba (Spirito Santo), l’Arcangelo Gabriele e un devoto

In alto, nel centro della bifora, Gesù; ai lati gli Arcangeli Raffaele e Michele.

Più in alto 2 angeli con torce e alla sommità 2 alati cherubini su ruote.

 

INTERNO a 3 navate (quella a dx è compresa nel chiostro), le volte sono a crociera.

La chiesa è divisa da un nartece (o jubè o ambone), rarissimo in Italia: è sorretto da 5 arcate a sesto acuto con graziose colonnine e capitelli che sorreggono un prezioso bassorilievo marmoreo a due fasce.

Nella fascia inferiore stanno seduti i 35 patriarchi, antenati della Vergine Maria.

Nella fascia superiore: alle estremità i simboli degli evangelisti, a sinistra gli apostoli che depongono la Vergine nel sepolcro, a destra gli angeli che sollevano la Vergine per portarla in cielo, nel centro Gesù che incorona sua madre,

Questo bassorilievo è forse il più antico in Italia (VIII secolo). Serviva a separare il popolo dai monaci e dai nobili durante le funzioni religiose e faceva parte della chiesa preesistente.

Nel presbiterio (altare maggiore) e nell’abside c’è un trittico in terracotta che rappresenta la Vergine col bambino; a dx Sant’Agostino, a sx  un Carlo Magno o forse Carlo VIII del 1430 in gotico fiorito.

Nell’ abside, ai lati della finestra centrale, compaiono due bassorilievi romanici in pietra che rappresentano l’Arcangelo Gabriele e la Madonna (Annunciazione).

 

CHIOSTRO

Si notano una serie di affreschi di particolare interesse, tra cui il contrasto dei 3 vivi e dei 3 morti, in cui si vuole rappresentare la leggenda di Carlo Magno e degli scheletri fuoriusciti dal sepolocro che costituiscono uno dei cicli pittorici  più ninteressanti del 1300 piemontese.

Nell’angolo accanto all’ingresso del chiostro si apre la sala capitolare con una porta fiancheggiata da 2 bifore; nella sala capitolare è stata allestita una mostra permanente di carattere fotografico che illustra La rica tipologia di chiese romaniche del nord astigiano.

 

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